lunedì 12 dicembre 2011

assignment 3: coltivare le connessioni


Cerco di scrivere questo commento molto a braccio, commentando via via che leggo ciò che mi colpisce e dopo correggendo il meno possibile in modo da mantenere la prima impressione così com'è.

La descrizione della crescita della rete un po' mi affascina, un po' mi spaventa... Mi ricorda un po' la perdita dell'inibizione da contatto (sto davvero studiando troppo..!) che però non c'è mai stata nè mai avrebbe dovuto, per una sorta di democrazia del web!
Mi ricorda un frattale, tra l'altro citato nel testo, uno dei simboli della crescita esponenziale costante (il cavolo, la spirale...).
Non me ne ero mai resa veramente conto, ma in effetti è impossibile conoscere tutta la rete, perchè è democratica e anarchica (mi passate quest'ultimo termine?) e perchè siamo tutti sullo stesso piano e se ci guardiamo solo attorno non possiamo vedere tutto, dato che viaggiare e solcare questi infiniti mari non è umanamente possibile (non a caso in inglese si dice "to surf the net"!!). Mmm ho appena capito che questa mia riflessione e forse paura può essere dovuta alla mia scolarizzazione... In effetti catalogare, definire e limitare è proprio una mania, nell'istruzione.
La somma delle parti è molto meno del risultato finale (sembra il paradosso dello sdoppiamento della sfera di Banach-Tarski... Accidenti, è normale che queste pagine ispirino tanti strani paragoni e metafore?)
Mi inquieta la frase a pag 14 "La quantità di opportunità offerte da internet è sconvolgente e non era
immaginabile fino a 10 anni fa"... e quindi tra 10 anni? 20? 50? Mi vengono le vertigini!
"Si può distruggere la propria terra" è spaventoso, e la cosa peggiore è che spesso è inconsapevole, bastano pochi commenti... E' uno dei tanti esempi dell'effetto domino, deleterio al massimo.
Non avevo mai pensato ai mezzadri, li avevo sempre considerati, erroneamente, ora capisco, alla stregua dei contadini, mentre invece si districavano come equilibristi e giocolieri tra mille compiti diversi ogni giorno e per riuscirsi dovevano per forza avere una sensibilità e una cura sconosciute ai loro padroni, temo.
Openness, sharing, peering, global acting sembrano parole e concetti banali, ma in realtà non lo sono affatto, anzi, li diamo così per scontati, "in classe ci si aiuta l'un l'altro", che poi nessuno lo fa. Quante volte abbiamo sentito i professori incitare i più bravi a prendere le distanze e allungare il vantaggio? Fin troppe, e non mi è mai piaciuto.
Impiantare e coltivare un PLE quindi non significa solo avere connessioni con gente reale più o meno lontana, significa anche connettere con gente morta o solo con idee... E le idee sono vive no?
Se abbiamo tutti internet, e quindi un potenzialmente vastissimo PLE, la differenza vuol dire che la facciamo noi, leggendo e coltivando qualcosa, e di questo qualcosa, cosa in particolare!
Il PLE mi ricorda un po' un fiume, che si riversa in vari solchi ma non in tutti, che cambia direzione, sparisce in certi luoghi e ricompare altrove... Il concetto dell'eternamente mutevole... Dovremmo averne tantissima cura!

Nessun commento:

Posta un commento